Scendere per poter comunicare – Jean Vanier

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Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi.

Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata.
Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada.
E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi.

Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.

Se ci si avvicina troppo al povero si perde la propria libertà personale.

A un certo punto si arriva ad una svolta senza ritorno che cambia la nostra vita.
Mi sono reso conto che facevo esattamente come il prete e come il levita della storia del buon samaritano che hanno continuato la loro strada fino a Gerico. Abbiamo fatto tutti questa esperienza.

La via discendente ci porta al povero che grida ed è una strada molto pericolosa.
Non parlo soltanto delle persone che hanno un handicap ma anche di quel tale o tal altro assistente del mio focolare che piange e si arrabbia e porta dentro di sé la fragilità umana.

Avvicinarsi a lui può esser molto pericoloso ed è preferibile allontanarsi.

A volte è molto più facile dare dei soldi ad un povero piuttosto che avvicinarsi a lui.

Ma non è questa la nuova visione che Gesù porta nel mondo.

Gesù non ci insegna a fuggire ma a scendere fino in basso per scoprire i semi della risurrezione.

E’ talmente sconvolgente: dobbiamo scendere per essere guariti e per rinascere ed è il povero che ci insegna la comunione.

La comunione è molto diversa dalla generosità.
Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando.
La generosità implica solo il dono senza esigenze diverse dal tempo, dal denaro o dalle competenze, spesso dati per raccogliere gloria.

Ma entrare in comunione significa diventare vulnerabili, significa far cadere le barriere e le maschere, compresa quella della generosità e significa mostrarsi così come si è.

Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno del fratello, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere.

Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta.

E’ più facile dare che fermarsi, soprattutto quando si è angosciati.

Certo il povero ha bisogno di soldi ma ha soprattutto bisogno, come il bambino, di incontrare un amico felice di essere con lui.

  • Jean Vanier –

tratto da: “Lettera della tenerezza di Dio”, EDB, pp. 23-24

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