In ricordo di Angelo Vassallo

Img 20200905 134759.jpg

Una vita per una terra libera

Il giorno successivo al funerale del sindaco Angelo Vassallo mi sono recato a Pollica, un comune del Cilento abbarbicato su versanti protesi verso il mare di Acciaroli, dove Angelo è stato massacrato, nei pressi della sua abitazione con nove colpi di arma da fuoco.
Percorrendo in auto la costa cilentana, ho attraversato i territori dei comuni di Ascea e Casal Velino, lungo strade diritte, fiancheggiate da costruzioni edificate direttamente sul ciglio stradale, un miscuglio di funzioni differenti: terribili centri commerciali, ville, caseggiati e palazzoni tipici della peggiore speculazione edilizia. Strade quasi sempre trafficate e affollate, prive di marciapiedi, servizi, parcheggi, alberature e verde di rispetto. In quel linguaggio delle cose e del visibile è chiara l’assenza di una garanzia di legalità, la presenza assordante e lampante di quella criminalità che con il cemento ha fatto affari e accumulato profitti, di una cultura diffusa di illegalità.
Dopo alcuni chilometri le costruzioni si diradano, quasi scompaiono, si apre alla vista la scogliera e il mare: una natura, nonostante tutto, ancora selvaggia e quasi incontaminata; una macchia mediterranea che pare tuffarsi in un mare trasparente, solare. Si respira un’aria calda e secca, tutt’intorno è silenzio, calma cristallina. La stradina che conduce al paese è scoscesa, stretta; si inerpica in tornanti parabolici che a tratti dischiudono vedute assolate, su una distesa infinita di mare limpido e di coste e versanti che si perdono lontani alla vista.
Pollica, antico borgo medievale, è avvolta da un cielo terso e da una luce intensa, le stradine sono quasi deserte, un silenzio irreale scorre lungo le facciate degli edifici, lungo la via principale, nelle piazzette e nei volti dei rari passanti. I muri sono invasi da manifesti bianchi e neri che urlano muti una rabbia e un dolore antichi: un rituale già troppe volte vissuto nelle terre del Sud, al quale partecipano, confondendosi, vittime e carnefici.
Dalla piazza principale un antico sentiero, trasformato in itinerario turistico, conduce ad Acciaroli, frazione di Pollica, adagiata sulla costa del Cilento. Il porto ha conservato quasi del tutto dimensioni equilibrate e l’antica funzione di porto da pesca. Dal molo lo sguardo si posa in alto sui versanti di macchia mediterranea ancora intatti, che testimoniano la volontà di fermare lo scempio edilizio e ambientale compiuto dagli anni ‘70 lungo le coste campane e del Sud Italia. Anche qui la zona del litorale, edificata negli ultimi quarant’anni, respira un’aria d’illegalità diffusa: cementificazioni selvagge si estendono dai pendii dei versanti rocciosi e si spingono fin sulla costiera (tutte palesemente abusive); interi tratti di litorale sono stati privatizzati, recintati e sono privi di accessi pubblici al mare.
Un accaparramento barbaro degli spazi, al quale il sindaco di Pollica (come altri sindaci del Parco del Cilento) ha contrapposto una politica di riqualificazione, di blocco delle cementificazioni e degli affari illeciti, di divieto a eventuali ampliamenti del porto turistico, di indipendenza energetica, di riduzione dei rifiuti e raccolta porta a porta, di filiera corta. Basta osservare quei versanti, ancora liberi da costruzioni, che dolcemente digradano a mare, per comprendere quali appetiti e interessi possono essere stati ostacolati, interrompendo una logica consolidata.
Non è accertato che l’omicidio di Angelo Vassallo sia un delitto di camorra; ma è certo che l’accaduto è tanto più grave in quanto colpisce un territorio che sta intraprendendo un percorso virtuoso: quello stesso che accomuna una moltitudine crescente di reti, movimenti, associazioni e gruppi di cittadini che credono di poter costruire un mondo altro.
Angelo Vassallo ha intrapreso un percorso di speranza e di cambiamento, per il suo paese e per gli altri territori, e questo fa paura a quella borghesia criminale che da troppo tempo soffoca il Sud sotto una cappa irrespirabile.

Paolo Baffari