Gelosia – Saffo

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Simile a un dio mi sembra quell’uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, sùbito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell’erba; e poco lontana mi sento
dall’essere morta.
Ma tutto si può sopportare…
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2 commenti

  • mamoru mamoru ha detto:

    com’ê chiara e cara la scena che questi versi ci palesano. saffo, da lontano, osserva una delle sue fanciulle,che nel tiaso ha imparato ogni cosa, non ha ragioni per restare, ê il tempo di avere un marito, di esercitare l’arte che la divina poetessa di lesbo le ha trasmesso, fatta di cure di premure e di passione.Come passione,seppur informe ê la gelosia. E’ cosî degna di amore questa fanciulla che una bellezza divina irradia anche l’uomo a lei vicino. simile un dio, solo simile, giacché la vera divinitâ ê la ragazza, consapevole di quanto ha imparato dalle parole e dalle carezze segrete di saffo, che ora esprime nel discorso elegante e nei sorrisi precisi che ê in grado di elargire. alla poetessa non resta che un attacco sterile di gelosia cieca, irrazionale, le pare che presto dovrâ lasciare questa terra, di non aver piû alcuna ragione per restare nel mondo finito dei vivi se la bellezza che lei stessa ha plasmato ê tutta per qualcun altro. poi, forse guardando verso un’altra delle fanciulle del suo esclusivo circolo, l’ animo le si rasserena. quando si crea la bellezza altro non si puô fare che essere felici, tormentati a volte,ma ad ogni modo fieri e si puô sopravvivere all’ apparente perdita di cotanta creazione, che persa non ê ma solo rimandata; non ha finito di creare, e questo le rende il distacco da un’amata discepola sopportabile. saffo, tu mi cuoci.

  • mamoru mamoru ha detto:

    com’ê chiara e cara la scena che questi versi ci palesano. saffo, da lontano, osserva una delle sue fanciulle,che nel tiaso ha imparato ogni cosa, non ha ragioni per restare, ê il tempo di avere un marito, di esercitare l’arte che la divina poetessa di lesbo le ha trasmesso, fatta di cure di premure e di passione.Come passione,seppur informe ê la gelosia. E’ cosî degna di amore questa fanciulla che una bellezza divina irradia anche l’uomo a lei vicino. simile un dio, solo simile, giacché la vera divinitâ ê la ragazza, consapevole di quanto ha imparato dalle parole e dalle carezze segrete di saffo, che ora esprime nel discorso elegante e nei sorrisi precisi che ê in grado di elargire. alla poetessa non resta che un attacco sterile di gelosia cieca, irrazionale, le pare che presto dovrâ lasciare questa terra, di non aver piû alcuna ragione per restare nel mondo finito dei vivi se la bellezza che lei stessa ha plasmato ê tutta per qualcun altro. poi, forse guardando verso un’altra delle fanciulle del suo esclusivo circolo, l’ animo le si rasserena. quando si crea la bellezza altro non si puô fare che essere felici, tormentati a volte,ma ad ogni modo fieri e si puô sopravvivere all’ apparente perdita di cotanta creazione, che persa non ê ma solo rimandata; non ha finito di creare, e questo le rende il distacco da un’amata discepola sopportabile. saffo, tu mi cuoci.