Il silenzio per Emil Cioran

Arrivare a credere solo nel silenzio, non apprezzare altro, è realizzare una delle espressioni più essenziali del fatto di vivere a margine della vita. Nei grandi solitari e nei fondatori di religioni l’elogio del silenzio ha radici più profonde di quanto s’immagini. Occorre che la presenza umana ti abbia esasperato e la complessità dei problemi disgustato al punto di non essere interessato che al silenzio e alle sue grida – cascate interiori il cui fragore si aggettiva nel mondo esterno.

La stanchezza persistente porta al culto del silenzio, perché quando si è esausti le parole perdono di significato e martellano nelle orecchie, ridotte a sonorità vuote, a vibrazioni esasperanti. I concetti si stemperano, la forza dell’espressione si attenua, tutto ciò che si dice o si ascolta si svuota fino ad apparire sterile e ripugnante. Niente ha più forma e consistenza, e tutto ciò che va e viene dall’esterno rimane un murmure monocorde e lontano, incapace di accendere le sfumature della vita spirituale, di suscitare interesse o curiosità. Sembra allora inutile esprimere un parere, prendere posizione o impressionare qualcuno, e tutti i rumori cui si è rinunciato montano nell’inquietudine dell’anima, esistente in tutti i grandi silenzi. Dopo essersi forsennatamente prodigati per risolvere tutti i problemi, dopo essersi tormentati al massimo grado, quando occorrerebbe dare risposte definitive, si finisce col trovare nel silenzio la sola realtà e l’unica forma d’espressione. 
Emil Cioran 

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