C’era una volta, anzi ancor prima, Napitia, un antico borgo
arroccato sulla Costa degli Dei . Stradine, viuzze e scalinate
si intrecciavano in un labirinto di saliscendi.
In un vicolo del paese Napitino abitava la famiglia Sestri,
composta da Giuseppe, Carmela e la piccola Caterina.
La bambina trascorreva le giornate a giocare con la sua amica
speciale Tracy, la Fata Allegra. Un mattino d’inverno Cate-
rina udì un fruscio più dolce della pioggia. A quel punto non
resistette più a letto e si affacciò alla finestra ed esclamò:
«Oh la neve! Non s’era mai vista!»
Erano i giorni prossimi al Natale. All’alba Giuseppe si re-
cò in piazza della Repubblica a comprare l’abete. Dopo
averlo posto nell’angolo della cucina, la famiglia discute-
va su cosa usare per addobbarlo. Chi diceva il muschio, chi
le ghiande, chi la frutta e chi oggetti di paglia. Alla fine
tutti si misero d’accordo e lo adornarono con tutte le deco-
razioni. Il presepe era allestito sopra un tavolo vicino al ca-
mino. Prepararlo era una festa nella festa per la famigliola.
Una mattina Caterina si svegliò manifestando un cambi-
amento repentino: non si reggeva in piedi.
Quando la mamma giunse sulla soglia della camera si
spaventò: «Signore mio Dio!» Prendendo fiato, Caterina
disse: « Mamma ho male alle gambe».
In quell’istante apparve la Fata. Con la sua penna magica
disegnò tante meraviglie per strapparle un sorriso.
«Tutto inutile!» pensò Tracy. A questo punto la
Fata disse: «Ci vuole un po’ della vecchia energia!» Ecco
che coinvolse Caterina nel viaggio dei ricordi più belli.
Tracy iniziò il suo narrare: «Ricordi gli ultimi giorni di
scuola prima della chiusura delle vacanze natalizie cosa
è successo?» «Si! È venuto Pegosilius il pinguino, e con
un suono magico ha colorato l’aula con tante coccinelle.
«E poi dai, rammenta!» disse Tracy spronandola.
«Il pinguino sputava bolle di sapone. Ne ha fatta una enorme
e vi entrato dento trasformandosi in un gabbiano.
Planando ci salutava con l’ultimo spruzzo di bollicine a forma
di stelline. Fatina mia sono stanca!» disse Caterina.
«Riposa e non curarti d’altro» rispose Tracy.
Da quel giorno passò dell’altro tempo, lungo e ama-
ro. In quella casa regnava la disperazione per la figlia ma-
lata. Così Giuseppe prese una decisione e spiegò alla moglie:
«Vado nel bosco a trovare Tosemen, il nostro amico gnomo».
Salì in groppa all’asino e si diresse verso il bosco di Napitia.
«Esci fuori dalla tana, Tosemen!!! Devo parlarti». Lo gnomo
con le mani sporche e indaffarato a fare miscele disse:
«Ehilà! È da molto che non vieni a spaccare legna!»
«Ho bisogno del tuo aiuto. Dammi una tua pozione magica per
Caterina. Ti prego, non deve morire» Tosemen ascoltava con
interesse. Si grattò a lungo la folta barba mentre riflette-
va. «Di che cosa si tratta?» chiese. Giuseppe gli raccontò
tutto. Dopo una lunga pausa affermò: «Ecco! Questa è la pozio-
ne del fungo. Vedrai, la nostra piccola dormirà e riacquiste-
rà le forze». Tosemen guardava Giuseppe allontanarsi dal bosco
e pronunziò la formula magica: «Ch’ella diventi debolissima e
così sia!» Poi osservandolo ancora si abbandonò ai suoi pen-
sieri malvagi. Da molto tempo meditava sulla necessità di
sottoporsi al solito rituale magico con il fungo del sonno.
Esso attirava l’ultima forza vitale alle tante sue prede favoren-
dogli la gioventù. Questa volta la sua preda facile fu la po-
vera Caterina. In breve tempo, Giuseppe giunse a casa.
Immediatamente Caterina bevve la miscela e si ad-
dormentò. Sognò Giovanni il suo compagno di scuola.
«Cucù! Come ti va?» domandò Giovanni strizzando l’occhio.
«Chiedimi qualche altra cosa» rispose Caterina e proseguì
«Ma io che cosa ho?» «La talassemia» «Ah! Ma tu ce l’hai
la talassatua?» «Ognuno ha la talassasua». «Io nella bocca
ho l’Africa» disse Giovanni. «Ma tu sai che cosa è l’Africa?»
«È un pezzo di terra grande, dove vivono tante persone».
«E allora come entrano tutti nella tua bocca? La maestra
mi ha detto che sono tanti animaletti». «Ma senti un po’dove
hai imparato la parola “talassemia”?» Un giorno dormivi nel
tuo letto. Sono entrato e ho visto il dottore. Parlava con
tua mamma. «È molto peggiorata, ha la talassemia». «Io avevo
capito portarsela via. E pensai ma dove?» A questo punto
Giovanni per rallegrarla fece i suoi soliti versi di animali e
inventava parole strane: « Se non ti muovi ti sasso un tiro
in testa. Ho dimenticato le case dentro le chiavi» «Ah ah ah!»
ridevano a crepa pelle. Prima di salutarla la incoraggiò :
«Non ti arrendere mi raccomando! Dopo le vacanze dobbiamo
ridere ancora». La mattina seguente Caterina era più deperita,
le girava la testa come se fosse ubriaca e disse ai genitori:
«Sono stanca, davvero… ». Intervenne Tracy e le disse:
«Vedrai si risolverà tutto per il meglio!» «Stanotte nel sogno
Giovanni mi ha spiegato che ho la talassemia. È vero?» «Si!»
«Allora non ho sognato quando ho sentito la voce del dot-
tore?» «No!» «Combatterò questa talassa. Malattia vai via!»
asserì Caterina decisa a lottare. «Sei pronta per il lungo
viaggio?» chiese Tracy. «Si!» rispose Caterina sorpresa
di scoprire che il dolore era affievolito. La Fata con la penna
magica disegnò una carrozza. «Voliamo, cari amici?» domandò
il cocchiere. Caterina non credeva ai propri occhi… «Wow!
Che bello!» Dopo un attimo di stupore… «Questo è il Regno
delle Fate?» «Si!» replicò Tracy. «Guarda! Il palazzo Reale è
poggiato su tante nuvole verdi!» affermò Caterina estasiata.
«Si! Ora andiamo alla corte della Regina Madre.»
«Maestà. Ecco Caterina» disse Tracy. «Regina Madre!» esclamò
Caterina chinando la testa con riverenza. «Ti stavo aspettando.
So cosa vuoi ma te lo devi guadagnare». «Ovviamente, ma in
che modo?» «Devi andare nella Grotta Azzurra a prendere il
mio anello magico sconfiggendo il drago». «Però dopo mi dare-
te una ricompensa?» «Si!» Subito Caterina e Tracy
raggiunsero la grotta. All’ingresso c’erano delle guardie.
«Ci sono due intruse, signore!» «Fatele entrare!»
«Agli ordini!» Era giunto il momento di affrontare il drago.
La Fata disegnò uno specchio. Dentro si riflettevano arcoba-
leni, fiori, prati e cascate che si tuffavano dalla montagna al
mare sottostante. L’acqua era trasparente. Caterina era immersa
in un luogo fantastico. L’amore e il coraggio si svegliarono.
Era pronta a superare gli ostacoli. All’improvviso l’acqua si
trasformò in piccole gocce di cristallo e caddero nelle mani di
Caterina. «Fatina mia, guarda ho l’anello della Regina!» Nello
stesso tempo il drago si trasformò in un bel principe e disse:
«Ti ringrazio Caterina. Il tuo amore mi ha svegliato dalle
tenebre». «Sono contenta per te. D’ora in poi sarai felice».
Così il principe narrò la sua triste storia: «In un tempo
passato e in un’epoca antica, ero un principe generoso e
regnavo con saggezza, tuttavia una strega invidiosa mise
in atto la sua vendetta: mi trasformò in un drago dal cuore
di ghiaccio. Ora so che non era l’anello magico a salvarmi.
Fortunatamente la chiave del tuo cuore mi ha ridato la vita».
Tracy e Caterina s’incamminarono verso il palazzo Reale.
Di tanto in tanto giravano il capo a guardare il principe
che si dirigeva verso il suo regno. Giunte al palazzo
Reale la regina Madre ringraziò Caterina dicendo:
«Ottimo lavoro! Complimenti! Adesso è giusto dare la ricom-
pensa. Per premiare il tuo coraggio, voglio offrirti queste
stampelle» . «E queste aste cosa sono Maestà? Non le voglio!»
«Aste a noi?» «Io mi chiamo Nino», dichiarò la stampella
destra. «Io mi chiamo Nina», si presentò la stampella sinistra.
«Maaa… voi parlate?» «Si! Perché tu non parli?» «Io parlo
ma non cammino» «E neanche noi. Bè, cominciamo bene!»
pronunciarono in coro e aggiunsero: «Noi dobbiamo stare con te
per sempre» «Sento di non farcela» «Almeno provaci».
E fu così che insieme provarono a camminare.
«Stiamo prendendo il sonno. Vai piano!» affermarono
le stampelle. «E non ridete di me!» esclamò Caterina infuriata.
Intervenne Tracy e disse: «È ora di rientrare a casa. È la
vigilia di Natale». Sempre intorpidita, Caterina muoveva
passi lenti. «Oh! mamma!» «Ma è già tantissimo, figlia mia».
In quella casa finalmente aleggiava un po’ di tranquillità.
A un tratto entrò nella camera della bambina il buon vecchio
dalla barba bianca dichiarando: «Quest’anno la mia slitta è
più pesante del solito» «Cosa porti?» chiese Caterina.
«Porto Amore, Pace e Speranza. Però c’è un dono che non
spetta a me» sostenne l’anziano canuto.
Caterina guardò Tracy speranzosa, mentre la
mamma piangeva. In quel mentre entrò Giuseppe. Prese sotto
braccio la moglie e andarono in cucina vicino al presepe.
Tracy e Caterina li seguirono. Caterina sentì la voce del
papà: «Nella piccola notte magica dell’anno vuoi recitare
la tua poesia?» «Si! Con piacere. “Udii tra il sonno le
ciaramelle, ho udito un suono di ninne nanne… Non me la ri-
cordo» disse la piccola. «CLAPSS!» Un applauso festoso
scrosciò. Subito dopo, secondo la tradizione natalizia, la
famiglia si riunì a tavola per la cena. In seguito si strinsero
davanti al camino. Era gradevole sentire sulla pelle il
calore della fiamma. Nella stanza c’era un suggestivo profumo
di buccia di mandarino e tutti gustavano biscotti e dol-
cetti natalizi. Un po’ prima della mezzanotte, Caterina ornai un
po’ stanca si accoccolò sulle ginocchia della mamma.
Udì una voce soave. «Ma non è la voce della mia mamma!»-
pensò- E allora chi è?» Si svegliò e non vide
nessuno. «SMACK!» qualcuno la baciò. Immancabilmente
prima di andare a dormire si recitava tutti insieme la
preghiera. «Gesù prenditi cura di me e tienimi stretta fino
a domani».
Era il giorno di Natale, al risveglio, Caterina disse
alla mamma: «Ho sognato di essere guarita». E a quel
punto saltò dal letto con le sue gambe gridando: «ALLELUIA!
ALLELUIA! È troppo bello per poterci credere!»
«Rallegrati, figlia mia! L’amore di Gesù Bambino ti ha guarito».
Caterina volse lo sguardo verso Tracy, che era sempre con lei.
«È giunto il momento di salutarci» disse la Fata. Uscì dalla
finestra svolazzante. Salutava briosa con: «BUON NATALE!
BUON NATALE! » Caterina rispose al saluto con un’ espressione
inglese imparata tra le tante a scuola: «MERRY CHRISTMAS! ».
«Ah! Quel bacio tanto atteso!» pensava Tracy allontanandosi
dal borgo Napitino.
Caterina Sardanelli.