Shakespeare, sonetto 18

Dovrei paragonarti ad un giorno d’estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell’estate ha vita troppo breve:
talvolta troppo cocente splende l’occhio del cielo
e spesso il suo volto d’oro si rabbuia
e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
né perdere possesso del bello che tu hai;
né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perché al tempo contrasterai la tua eternità:
finché ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi versi avranno luce e ti daranno vita.
Shakespeare, sonetto 18

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Una risposta a “Shakespeare, sonetto 18”

  1. raggiante e mite…sono io, in questo tempo; col desiderio ancora di luce: quella di questi versi che espandono ancor più il mio cuore..ed avrò vita..ogni volta che li sentirò in me, ogni volta che li leggerò quando il mio amato veleggerà per altri mari senza di me

    grazie

  2. raggiante e mite…sono io, in questo tempo; col desiderio ancora di luce: quella di questi versi che espandono ancor più il mio cuore..ed avrò vita..ogni volta che li sentirò in me, ogni volta che li leggerò quando il mio amato veleggerà per altri mari senza di me
    grazie

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